Tra i coeredi non c’è solidarietà per i debiti ereditari: il principio applicato in sede processuale, con relative eccezioni e preclusioni

15 GIUGNO 2023 | Successioni e donazioni

di avv. Alessandra Buzzavo

Con la sentenza n. 3391, pubblicata in data 3.2.2023, la Sezione terza della Corte di Cassazione - ai fini dell’operare o meno della solidarietà per i debiti ereditari - ha chiaramente distinto il caso in cui gli eredi di un soggetto subentrino allo stesso in un processo interrotto a seguito del suo decesso da quello in cui gli eredi siano chiamati in giudizio in quanto tali ab origine.

IL CASO. Tizio ha convenuto in giudizio avanti il Tribunale di Catanzaro Caio al fine di vederlo condannare al risarcimento dei danni per l’invalidità permanente dallo stesso subita dopo aver consumato cibo avariato presso il suo bar.

Il Tribunale ha dichiarato la responsabilità colposa del convenuto e lo ha condannato al risarcimento dei danni, rimettendo la causa in istruttoria per la loro quantificazione.

Interrottosi il processo per il decesso di Caio, la causa è stata riassunta nei confronti degli eredi che, costituitisi, hanno a loro volta resistito alla domanda di Tizio.

Con la sentenza definitiva il Tribunale ha rigettato la domanda proposta dall’attore, ritenendo che non fosse stato provato che lo stesso aveva contratto la malattia, che lo aveva portato alla invalidità permanente, a causa del cibo acquistato dal convenuto.

Quest’ultimo ha quindi proposto appello e la Corte d’Appello di Catanzaro lo ha accolto, condannando in solido tutti i convenuti eredi di Caio a pagare una somma superiore al milione di Euro a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, nonché una ulteriore somma superiore ai due milioni di Euro a titolo di risarcimento del danno patrimoniale.

LA SENTENZA. A seguito di ricorso per Cassazione promosso dai soccombenti, tra gli altri motivi, per quanto qui interessa, è stato proposto quello relativo alla violazione - ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. - dell’applicazione degli articoli 754 e 1314 c.c. per avere la Corte d’Appello condannato solidalmente gli eredi al risarcimento del danno cagionato dall’originario debitore nella cui posizione debitoria essi erano succeduti, laddove invece ciascun erede era tenuto a soddisfare il debito ereditato esclusivamente pro quota.

La Corte di Cassazione ha ritenuto questo motivo fondato nei limiti specificati nella motivazione della sentenza. Anzitutto la Suprema Corte ha evidenziato che l’argomentazione con cui viene dedotto il carattere parziario dell’obbligazione di ciascun erede non costituisce oggetto di un’eccezione in senso stretto, e pertanto tale motivo di ricorso non poteva essere ritenuto inammissibile per non aver provato il ricorrente di averlo tempestivamente sollevato nel giudizio di merito.

Non trova infatti applicazione nella fattispecie, secondo gli Ermellini, il consolidato principio che impone di interpretare l’art. 754 c.c. nel senso che il coerede convenuto per il pagamento di un debito ereditario ha l’onere di indicare al creditore questa sua condizione di coobbligato passivo entro i limiti della propria quota.

L’onere di formulare tale dichiarazione, che integrerebbe gli estremi dell’istituto processuale dell’eccezione propria (con la conseguenza che la mancata proposizione consentirebbe al creditore di chiedere legittimamente il pagamento per l’intero) sussiste esclusivamente quando il creditore abbia agito direttamente nei confronti del coerede chiedendone la condanna al pagamento di un debito ereditario.

In questo caso costituiscono fatti impeditivi della pretesa del creditore le circostanze relative all’esistenza di altri coeredi ed alla divisione pro quota del debito ereditario ed il convenuto ha l’onere di dedurre tempestivamente tale eccezione sollevandola nei termini di rito.

Il predetto onere non sussiste nella diversa ipotesi in cui la qualità di erede e la conseguente legittimazione a stare in giudizio siano sopravvenute nel corso di un processo originariamente introdotto nei confronti del titolare originario della situazione soggettiva passiva poi interrottosi per il decesso di quest’ultimo. In tale diversa ipotesi, il principio nomina et debita hereditaria ipso iure dividuntur costituisce il fondamento stesso della legittimazione passiva concorrente di tutti gli eredi.

In tale fattispecie trova applicazione il diverso principio per cui ciascun erede è tenuto a soddisfare il debito ereditario esclusivamente pro quota ovvero in ragione della quota attiva in cui succede e non può essere condannato in solido con i coeredi al pagamento del debito stesso.

Alla luce di quanto sopra pertanto il ricorrente principale, in qualità di erede con gli altri dell’originario responsabile dell’illecito civile, avrebbe dovuto essere condannato - al pari degli altri coeredi debitamente convenuti nel processo - al risarcimento del danno cagionato dal predetto illecito esclusivamente nei limiti della propria quota.

La Corte di Cassazione, con queste precisazioni, ha quindi accolto - tra gli altri - anche il settimo motivo di ricorso principale e, ritenuto che non erano necessari ulteriori accertamenti in fatto, ha deciso nel merito, statuendo che gli eredi di Tizio convenuti nel giudizio riassunto erano tenuti a pagare le somme indicate nella sentenza di appello in favore di Caio in proporzione delle rispettive quote ereditarie.

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