La validità del vitalizio alimentare è condizionata dalla sussistenza dell’alea (che dev’essere valutata in concreto)

04 DICEMBRE 2017 | Separazione e divorzio

IL CASO. Una moglie separata aveva convenuto avanti al Tribunale di Lanciano la nipote, esponendo che suo marito, prima di morire, aveva alienato a quest’ultima la nuda proprietà del suo unico immobile “dietro l’obbligo di questa di fornirgli assistenza morale e materiale sino alla morte”.

Aveva, pertanto, chiesto che fosse dichiarata la nullità del contratto “per assenza di alea”, in quanto “all’atto della cessione il coniuge si trovava in gravissime condizione di salute, essendo affetto da un tumore gastrico con metastasi”.

Dopo aver visto rigettata la sua domanda dal Tribunale, la signora aveva adito la Corte d’Appello di L’Aquila.

Tuttavia, quest’ultima aveva confermato la decisione di primo grado, osservando che “nella specie si era in presenza di un contratto atipico di mantenimento, la cui nullità poteva dipendere soltanto dalla mancanza assoluta di alea in ragione di un prevedibile decesso a breve termine del vitaliziato; di tale circostanza, tuttavia, non era stata data valida prova – essendo invece emerso che costui fino a pochi giorni prima dell’evento letale conduceva una vita normale per la propria età – così com’era rimasta indimostrata l’affermazione dell’appellante secondo cui il valore della nuda proprietà trasferita superava notevolmente l’importo indicato nel contratto”.

La Corte d’Appello, ritenuto che il contratto atipico di mantenimento presentasse il requisito dell’alea, costituita dall’“impossibilità di prevedere in anticipo i vantaggi e le perdite ai quali le parti andavano incontro”, aveva pertanto rigettato l’impugnazione.

Avverso la seconda decisione sfavorevole la moglie aveva proposto ricorso per cassazione, lamentando “falsa applicazione dell’art. 1872 cod. civ. nonché omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione alla ritenuta sussistenza del requisito dell’alea”.

In particolare, aveva sostenuto che la Corte d’Appello di L’Aquila non avesse tenuto conto delle “ridottissime possibilità di sopravvivenza del vitaliziato in ragione delle sue gravi e conclamate condizioni di salute”.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25624/2017, ha rigettato il ricorso, sottolineando come la Corte d’Appello si fosse uniformata al “costante orientamento della giurisprudenza di legittimità … secondo cui il

contratto di vitalizio alimentare è nullo per mancanza di alea ove, al momento della sua conclusione, il beneficiario sia affetto da malattia che, per natura e gravità, renda estremamente probabile un esito letale e ne provochi la morte dopo breve tempo o abbia un’età talmente avanzata da non poter certamente sopravvivere oltre un arco di tempo determinabile

Il Giudice di legittimità ha poi ritenuto che, in base a tale pacifico orientamento giurisprudenziale, la Corte d’Appello aveva correttamente “esaminato le risultanze istruttorie nel loro complesso e valutato le prestazioni a carico di ciascuna parte, giungendo alla conclusione che al momento della stipula il giudizio prognostico circa la probabile durata della sopravvivenza del vitaliziato poteva essere formulato sia in termini di mesi che di anni, avuto riguardo alle possibili forme di evoluzione, più o meno rapida, della patologia in atto e che considerato il modesto valore della nuda proprietà del bene doveva confermarsi la sussistenza dell’alea considerato che l’eventuale decorso lento della malattia avrebbe determinato uno squilibrio del sinallagma in danno della odierna resistente”.

Per tali ragioni la Corte di Cassazione ha, pertanto, rigettato il ricorso, così frustrando definitivamente ogni speranza della signora di appropriarsi dell’unico bene immobile di cui il suo defunto marito era proprietario.

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