La prosecution del mercy killing e del suicidio assistito nel sistema inglese: una questione di public interest?

Nell'ordinamento d'oltremanica il tema del fine vita risulta oggetto d'una disciplina assai frastagliata.

A fronte d'un diritto del paziente di rinunciare alle terapie, anche salvavita, si pone un astratto «blanket ban» nei riguardi dell'eutanasia attiva e dell'aiuto al suicidio: una preclusione siffatta è imperniata sulle fattispecie di murder, manslaughter e complicity in another’s suicide.

Nel solco di questi baluardi s'incunea il principio d'opportunità dell'azione penale, che richiede la sussistenza d'un public interest ai fini della repressione di qualsivoglia fattispecie concreta: a ciò consegue il rischio d'una scarsa prevedibilità circa le determinazioni dell'accusa; tale difetto è stato solo in parte emendato dalla pubblicazione di apposite linee guida, volte ad implementare i criteri stabiliti, in via generale, dal Code for Crown Prosecutors.

Di tali problematiche, attraverso le lenti del processualpenalista, se n’è occupato l’Avv. Marcello Stellin nel contributo pubblicato in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 1-bis, e che APF ha ritenuto di pubblicare a propria volta nel suo Sito, stante la comune sensibilità rispetto alle tematiche del biodiritto e, in particolare, del fine vita.

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