L’actio interrogatoria può essere proposta solo nei confronti del chiamato che non sia nel possesso dei beni

01 AGOSTO 2023 | Successioni e donazioni

di Avv. Fulvia Cattarinussi

La Corte di Cassazione, sez. II civile, con ordinanza n. 15587 del 1° giugno 2023, ha stabilito che l’actio interrogatoria può essere proposta solamente nei confronti del chiamato che non sia nel possesso dei beni. Il chiamato che si trova, invece, nel possesso dei beni deve conformarsi alle disposizioni stabilite dall’art. 485 c.c. e redigere l’inventario entro tre mesi dall’apertura della successione o dalla notizia della devoluta eredità; in difetto diventa erede puro e semplice.

IL CASO. Tizio, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., chiedeva, nei confronti di un istituto di credito e del Curatore dell’eredità giacente di Caio, che venisse accertata la propria qualità di erede puro e semplice del defunto Caio.

Il Tribunale rigettava la domanda rilevando che il ricorrente era decaduto dal diritto di accettare, avendo lasciato decorrere invano il termine ex art. 481 c.c., accordato su istanza dell’Istituto bancario; il quale, avendo anche l’altro chiamato all’eredità rinunciato a quest’ultima, aveva chiesto ed ottenuto l’apertura della curatela dell’eredità giacente del de cuius.

La Corte d’appello confermava la decisione di prime cure. Avendo Tizio invocato l’istituto di cui all’art. 485 c.p.c., il giudice del gravame affermava che per avvalersene avrebbe dovuto dimostrare di essere nel possesso del bene ereditario al momento ed immediatamente dopo la morte di Caio. Tuttavia gli elementi documentali attestavano che il possesso era iniziato in epoca successiva. La Corte territoriale non poteva quindi che rigettare la domanda.

Tizio proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

In primis, lamentava la violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ed in particolare dell’art. 481 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: sebbene gli elementi acquisiti al giudizio dimostrassero che aveva esercitato il possesso sull’immobile, la Corte d’appello ne aveva comunque negato la rilevanza ai fini dell’art. 485 c.p.c. in quanto riconducibile ad attività e situazioni “troppo” successive rispetto alla data della morte del de cuius.

Con secondo motivo, lamentava la violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ed in particolare dell’art. 481 c.c in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: la Corte d’appello era incorsa in errore nel non considerare che l’art. 481 c.c. si applica solo nel caso in cui l’erede non abbia ancora accettato, e quindi non sia neanche nel possesso dei beni ereditari. Tizio, invece, aveva documentato di essere nel possesso dei beni ereditari già al momento dell’apertura della successione.

 

LA SENTENZA. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso ritenendo fondati entrambi i motivi.

Relativamente al primo motivo, gli Ermellini rilevano, infatti, che la Corte d’appello ha fornito un’inesatta interpretazione della norma quando, nella valutazione degli elementi di prova, dopo aver riconosciuto di dover fare applicazione dell’art. 485 c.c., ha ritenuto rilevante, agli effetti di detto articolo, solo il possesso del chiamato che sia già esistente all’apertura della successione o acquisito immediatamente dopo.  Tale presupposto però non trova riscontro dell’art. 485 c.c.

Sebbene la norma si riferisca letteralmente proprio al caso in cui il chiamato sia già, al momento dell’apertura della successione, nel possesso dei beni ereditari a qualsiasi titolo, ciò non vuol dire che, a questi effetti, sia insignificante il possesso acquisito successivamente. Invero, nel concorso delle condizioni previste dalla norma, l’acquisto ex lege opererebbe ugualmente, ma il trimestre accordato per il compimento dell’inventario decorrerebbe non dalla apertura della successione, ma dal momento di inizio del possesso”.

Secondo la Corte di cassazione, la Corte d’appello avrebbe arbitrariamente ristretto l’applicazione dell’art. 485 c.c. all’ipotesi di possesso già esistente al tempo di apertura della successione o acquistato immediatamente dopo.

Con riferimento al secondo motivo, la Corte di cassazione rileva che la corte territoriale è incorsa in un errore di diritto laddove ha affermato che “il ricorrente non ha fornito la prova che, antecedentemente al deposito del ricorso ex art. 481 c.c., egli fosse già divenuto erede puro e semplice ex art. 485 c.c. per essere stato nel possesso dei beni ereditari e non aver redatto l’inventario entro il termine dei tre mesi”.

Essendo indubbio che lo scopo dell’actio interrogatoria sia quello di abbreviare il termine previsto dall’art. 480 c.c., la dottrina riconosce che essa non è applicabile al chiamato che sia nel possesso dei beni ereditari.

Se il chiamato è nel possesso dei beni ereditari, egli deve, ex art. 485 cc., conformarsi alle disposizioni sul beneficio di inventario, entro il termine di tre mesi dall’apertura delle successioni o dalla notizia della devoluta eredità, salvo quanto sopra detto per il caso in cui sia entrato nel possesso dei beni ereditari dopo l’apertura della successione. Se non compie l’inventario entro questo termine acquista la qualità di erede puro e semplice. Sulla base dello stesso rilievo si spiega la ragione per cui, se il chiamato è nel possesso dei beni, l’art. 528 c.c. esclude il ricorso alla curatela dell’eredità giacente”.

La Corte d’appello, quindi, in contrasto con gli anzidetti principi, ha riconosciuto l’applicabilità dell’art. 481 c.c., con il conseguente maturarsi dei presupposti della decadenza in danno dell’intimato, sulla base della considerazione che il chiamato non avesse dato la prova di essere divenuto erede puro e semplice prima del deposito del ricorso ai sensi dell’art. 481 c.c..

Al contrario, in base a quanto sopra detto, al fine di rendere inapplicabile l’art. 481 c.c. bastava la prova che il chiamato fosse già in quel momento nel possesso dei beni ereditari, essendo pertanto già in corso il termine per fare l’inventario, che non può essere ulteriormente abbreviato per mezzo dell’actio interrogatoria.

In conclusione, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata.

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