Diritto di abitazione del coniuge superstite separato all’apertura della successione

di avv. Alessandra Buzzavo

Con la sentenza n. 22470, pubblicata in data 26.7.2023, la Sezione seconda Civile della Corte di Cassazione dirime un contrasto giurisprudenziale in punto diritto di abitazione del coniuge superstite ex art. 540, comma 2, c.c., secondo il quale al coniuge sono riservati diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano.

IL CASO. La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza n. 297 del 2020, ha confermato la decisione di primo grado che era intervenuta nella causa di divisione giudiziale derivante dalla successione legittima di Tizio, deceduto il 12.12.2005, lasciando quali eredi il coniuge Sempronia ed i tre figli.

La Corte territoriale, adita dal coniuge, ha negato che sussistessero i presupposti per il riconoscimento, in favore del coniuge superstite, del diritto di abitazione sull’immobile già adibito a residenza della famiglia, in considerazione del fatto che Sempronia era coniuge separato a far data dal febbraio 2005 (e quindi in data antecedente all’apertura della successione di Tizio avvenuta nel dicembre dello stesso anno), e della circostanza che la stessa aveva lasciato la casa familiare già nel 2004. La Corte d’Appello ha inoltre negato che fosse stata data prova della ripresa della convivenza. Sempronia ha quindi proposto ricorso per cassazione.

LA SENTENZA. La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso, dichiarando quindi assorbiti i restanti motivi. Con detto motivo la ricorrente ha denunciato la violazione degli artt. 540, comma 1, 150, comma 2, 157 e 193 c.c., affermando che la Corte territoriale aveva attribuito alla ricorrente lo status di coniuge separato, nonostante Sempronia non fosse tale al momento della morte di Tizio. Secondo la ricorrente, infatti, fino a quel momento erano stati emessi solo i provvedimenti presidenziali provvisori che, secondo le norme applicabili ratione temporis, non avevano effetto anticipatorio. Gli Ermellini hanno accolto il motivo di ricorso con la seguente motivazione.

E’ questione da sempre discussa se i diritti riconosciuti al coniuge dall’art. 540, comma 2, c.c., possano sorgere a favore del coniuge superstite che viva legalmente separato dal defunto.

Il dubbio si giustifica in ragione del fatto che al coniuge separato senza addebito la legge riconosce gli stessi diritti successori del coniuge separato.

Secondo alcuni interpreti, la separazione legale implica necessariamente il venir meno del presupposto dei diritti di abitazione e di uso, in quanto sarebbe impossibile individuare una “casa adibita a residenza familiare”. Secondo questo primo orientamento per “casa familiare” dovrebbe intendersi unicamente la casa di residenza comune al momento dell’apertura della successione.

Secondo un altro diverso orientamento, oggetto dei diritti di abitazione e d’uso dovrebbe essere l’ultima casa che fu residenza comune della famiglia, anche se in un tempo precedente all’apertura della successione.

Secondo una terza diversa tesi, la casa di residenza familiare andrebbe identificata in quella che fu comune ed in cui il coniuge separato sopravvissuto si trovi ancora al momento dell’apertura della successione o perché rimasto di fatto in conseguenza di un accordo con l’altro coniuge o per disposizione del Giudice. Per questo terzo diverso orientamento, il presupposto per la concreta attribuzione dei diritti verrebbe meno solo nell’ipotesi in cui all’apertura della successione il coniuge sopravvissuto non viva più nella casa familiare comune. La critica rivolta a questa ultima tesi è quella di creare una disparità di trattamento nei confronti del coniuge senza prole o che abbia rinunziato all’assegnazione della casa familiare per ragioni legittime od a cui, per qualsiasi motivo, il Giudice non abbia attribuito il diritto di abitazione.

La Corte di Cassazione, nel dirimere il contrasto tra tali orientamenti, ha precisato che

la norma dell’art. 540 c.c. non annovera tra i presupposti per l’attribuzione dei diritti la convivenza fra i coniugi.

Inoltre, la lettera dell’art. 548 c.c. è chiara nel parificare i diritti successori del coniuge separato senza addebito a quelli del coniuge non separato. Concludono quindi gli Ermellini nella direzione che i presupposti per la nascita del diritto non sussisterebbero solo allorché, dopo la separazione, la casa familiare fosse stata abbandonata da entrambi i coniugi o avesse perduto ogni collegamento, anche solo parziale o potenziale, con l’originaria destinazione familiare.

I presupposti continuerebbero invece a sussistere anche laddove la successione si sia aperta in favore di quel coniuge che se ne fosse allontanato, lasciando a viverci l’altro coniuge poi defunto.

La Corte di Cassazione svolge poi un ulteriore ragionamento di rilievo specificando che, nell’ipotesi di abbandono della casa coniugale da parte di un coniuge non si può rimettere al Giudice della successione un accertamento di colpa che la legge prende in considerazione, all’effetto di escludere la vocazione ereditaria e con essa il diritto di abitazione sulla casa familiare, solo quando sia intervenuto questo accertamento nel contradditorio con l’altro coniuge in un giudizio definito prima dell’apertura della successione.

La Corte ha quindi enunciato il seguente principio di diritto:

I diritti di abitazione e d’uso, accordati al coniuge superstite dall’art .540, comma 2, c.c. spettano anche al coniuge separato senza addebito, eccettuato il caso in cui, dopo la separazione, la casa sia stata lasciata da entrambi i coniugi o abbia comunque perduto ogni collegamento, anche solo parziale o potenziale, con l’originaria destinazione familiare”.

Allegati

Ok
Questo website usa solamente cookies tecnici per il suo funzionamento. Maggiori dettagli