Diritto del figlio maggiorenne all’assegno di mantenimento: onere della prova

di avv. Monica Mocellin

Con sentenza n. 26875 del 20.09.2023 la Corte di Cassazione, in ordine al diritto al mantenimento da parte del figlio maggiorenne, ha deciso che “ Ai fini dell’accoglimento della domanda, così come del permanere dell’obbligo a fronte dell’istanza di revoca dello stesso da parte del genitore, è onere del richiedente provare non solo la mancanza di indipendenza economica - precondizione del diritto preteso - ma anche di avere curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione, professionale o tecnica, e di essersi con pari impegno attivato nella ricerca di un lavoro.

Infatti, raggiunta la maggiore età, si presume l’idoneità al reddito che, per essere vinta necessita della prova delle fattispecie che integrano il diritto al mantenimento ulteriore”.

L’occasione per esprimere questo principio, verso il quale si era già in passato orientata la Suprema Corte con sentenza n. 12952/ 2016, è dato dal rinvio alla discussione in pubblica udienza da parte del Collegio in ragione del contrasto di giurisprudenza sul punto.

Infatti, per orientamento della giurisprudenza prevalente, per lo meno sino al 2016, era onere del genitore dare prova della mancanza dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne.

La questione trae origine dal ricorso alla Suprema Corte da parte di un padre avverso il provvedimento della Corte d’Appello di Roma, che confermava la decisione del Tribunale che aveva respinto la sua domanda di revoca del mantenimento di una figlia di trentaquattro anni ancora studentessa universitaria (iscritta a un corso di laurea triennale).

Il giudice di secondo grado riteneva infatti, in applicazione dell’orientamento citato, che fosse onere del padre dare prova del venir meno dei presupposti per la sussistenza dell’obbligo di mantenimento della ragazza, prova che il padre invece non aveva fornito.

Pur dichiarando lo specifico motivo di ricorso inammissibile, la Corte di Cassazione ha ritenuto opportuno enunciare il principio di diritto ai sensi dell’articolo 363 c.p.c..

In particolare, richiamandosi al sopra citato diverso precedente del 2016, la Corte sottolinea che l’età del figlio maggiorenne integra la prova presuntiva della non debenza del mantenimento per cui sarà sempre quest’ultimo a dovere dare prova del contrario, ovvero di avere diritto al mantenimento, e ciò anche nei procedimenti volti alla cessazione di un obbligo di mantenimento precedentemente accertato. In altre parole, in quest’ultima ipotesi si inverte l’onere della prova che, per regola generale ex art. 2697 c.c., grava su chi formula la domanda.

Nel caso in esame, pertanto, l’onere della prova della necessità/diritto alla prosecuzione del mantenimento da parte del padre gravava sulla figlia.

La Suprema Corte richiama - facendone buon uso - il consolidato principio generale di prossimità o vicinanza della prova perché nella materia in esame i confini dell’onere della prova sono sempre stati incerti e sfumati, spesso imponendo al genitore una prova davvero diabolica. La prova, cioè, che deriva dalla necessità di accertare che il figlio percepisce un reddito sufficiente, o non lo percepisce a causa del suo comportamento inerte/colpevole, cosa spesso assai difficile a causa anche, ma non solo, della lontananza del figlio.

Precisano, poi, gli Ermellini che la prova del diritto al mantenimento sarà assai semplice per un neomaggiorenne o comunque per un figlio molto giovane (ad esempio gli sarà sufficiente dimostrare che prosegue nell’ordinario percorso di studi, anche universitario o di specializzazione) mentre sarà sempre più gravosa man mano che l’età del figlio aumenta “…sino a configurare il c.d. “figlio adulto”” per il quale, in ragione del principio di autoresponsabilità, sarà necessario valutare con maggior rigore caso per caso se questi abbia ancora diritto al mantenimento in base alla prova, che lo stesso deve fornire, di avere curato nel migliore dei modi la propria preparazione, professionale o tecnica, e di avere cercato con impegno di entrare nel mondo del lavoro, valutazione che dovrà necessariamente essere fatta avendo riguardo anche alle condizioni economiche dei genitori.

In sostanza, in applicazione della c.d. funzione educativa del mantenimento e del c.d. principio di autoresponsabilità, l’obbligo/diritto al mantenimento trova un limite nel tempo mediamente necessario a reperire un’occupazione; il figlio deve attivarsi nella ricerca di un’occupazione contemperando le sue aspirazioni con il mercato del lavoro e con le condizioni economiche dei genitori non essendo giustificabile nel figlio adulto l’attesa ad ogni costo del “lavoro dei sogni”.

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