Anche se è un semplice “invito” quello ad intraprendere un percorso psicoterapeutico è illegittimo perché incide sulla libertà di autodeterminazione garantita dall’art. 32 Cost.

IL CASO. Il Tribunale di Terni, in un procedimento di affidamento della minore Bi.Gi, nata in costanza di matrimonio tra la signora M.P. e il signor B.G., prescriveva alla madre un percorso psicoterapeutico urgente finalizzato al recupero delle proprie carenti capacità genitoriali.
La Corte d’appello di Perugia, successivamente adita dalla madre, confermava in toto il provvedimento,  ritenendo che la prescrizione del Tribunale di Terni, disposta nell’esclusivo interesse della minore, dovesse essere interpretata non come un obbligo per la ricorrente, ma come un invito giudiziale da considerarsi complementare alla parte di provvedimento, pure confermato in appello, che disponeva l’intervento dei Servizi in favore della minore presso l’abitazione materna, oltre alla presa in carico della bambina da parte del Servizio di neuropsichiatria infantile, il tutto finalizzato alla ripresa dei rapporti fra padre/figlia.
Ricorreva per Cassazione la madre, proponendo due motivi di impugnazione: a) violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. in relazione all’art. 32 Cost., per avere la Corte pur definendolo un invito giudiziale e non un obbligo, confermato un provvedimento che prescriveva  di intraprendere un percorso psicoterapeutico, venendo così ad incidere sulla libertà di autodeterminazione della ricorrente; b) violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. in relazione agli artt. 337 ter e quater c.c..

LA DECISIONE. La Corte, dopo aver preliminarmente richiamato le proprie statuizioni in tema di affidamento dei figli minori, secondo le quali sia i percorsi individuali che quelli di supporto alla bigenitorialità, se imposti, anche se formalmente, comportano comunque un condizionamento in contrasto con l’art. 13 della Cost. e 32 Cost. perché hanno come finalità di realizzare la maturazione personale, che deve restare rimessa al loro diritto di autodeterminazione, dichiara fondato il primo motivo, e inammissibile il secondo perché richiederebbe un riesame del merito, rinviando alla Corte di Perugia, in diversa composizione, per un nuovo esame.
Nella fattispecie in esame, infatti,

se è pur vero che il “decreto impugnato non ha imposto un vero e proprio obbligo alla ricorrente di intraprendere un percorso psicoterapeutico per superare le criticità del suo rapporto madre-figlia, avendo esplicitato che si tratta di un invito giudiziale, è indubbio che tale statuizione integri una forma di condizionamento idonea ad incidere sulla libertà di autodeterminazione alla cura della propria salute, garantita dall’art. 32 Cost.”.

 

 

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