Anche la privazione affettiva ed educativa può integrare lo “stato di abbandono” ai fini della dichiarazione di adottabilità

IL CASO. La madre di una minore proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Messina con la quale era stato dichiarato lo stato di adottabilità della figlia. Secondo il TM, infatti, i genitori (l’una con psicopatologie e l’altro con dipendenze da alcool) non si erano dimostrati disponibili ad affrontare le proprie problematiche personali e sanitarie, manifestando in tal modo “la propria inadeguatezza al recupero della propria capacità genitoriale in tempi compatibili con il diritto della minore G. a godere di adeguate cure familiari”.
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta, che aveva confermato lo stato di adottabilità dichiarato dal Tribunale per i Minorenni, la madre proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Col primo, veniva denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 8 della l. n. 184/1983, stante l’asserito omesso accertamento di una reale situazione di abbandono morale e materiale della minore e sul presupposto che entrambi i genitori avevano comunque intrapreso un percorso volto a prendere maggiore consapevolezza del proprio ruolo genitoriale e a superare le problematiche personali.
Col secondo, la ricorrente lamentava la mancanza, insufficienza e manifesta contraddittorietà della motivazione.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 16499 depositata il 19.6.2019, ha rigettato il ricorso della madre, ritenendo integrato lo stato di abbandono del minore in quanto, in base agli accertamenti effettuati dai giudici di merito, non era possibile “prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità della minore di vivere in uno stabile contesto familiare”.
La Suprema Corte è quindi tornata ad esprimersi in merito ai presupposti dello stato di abbandono e della dichiarazione di adottabilità, chiarendo che la situazione di abbandono “è configurabile non solo nei casi di materiale abbandono del minore, ma ogniqualvolta si accerti l’inadeguatezza dei genitori naturali  a garantirgli il normale sviluppo psico-fisico del minore” e, dunque, a fronte di uno stato di fatto obbiettivo che prescinde dagli intendimenti dei genitori.

Lo stato di abbandono, precisa la Corte di Cassazione, “ricorre ogni qualvolta l’inadeguatezza genitoriale sia irreversibile e di entità tale da compromettere il sano sviluppo psico-fisico del minore, privando il minore di quel calore affettivo, di quell’aiuto psicologico, di quella guida indispensabile per la corretta formazione della sua personalità, di talché la rottura del legame diventa l’unico strumento per evitare al minore medesimo un maggiore pregiudizio”.

Nel caso di specie, la condotta dei genitori, volta a negare le proprie patologie e a disattendere le proposte terapeutiche indicate dai Servizi Sociali, e quindi “l’assenza di una prospettiva di risoluzione delle problematiche”, ha impedito alla minore di poter contare sull’apporto affettivo ed educativo dei genitori, derivandole un evidente e radicale pregiudizio.

 

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