È necessario bilanciare verità biologica e interesse concreto del minore ai fini del riconoscimento o disconoscimento della filiazione

IL CASO. L’impugnazione da parte di un padre del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità veniva accolta in primo grado sulla base tanto delle indagini genetiche effettuate dal padre, quanto del rifiuto di sottoporsi a perizia medico legale da parte di madre e figlio.

Tale decisione veniva riformata dalla Corte d’appello di Milano con sentenza n. 2846/2018. Secondo la Corte territoriale, infatti, da un lato non sussisteva la prova certa in ordine alla non paternità, dall’altro la pronuncia di primo grado si poneva in contrasto con il preminente interesse del figlio, che aveva manifestato la volontà di mantenere la propria identità di figlio del ricorrente.

Avverso la sentenza della Corte d’appello il padre proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Col primo veniva denunciata la violazione e la falsa applicazione degli artt. 263 c.c.,113,115,116 e 118 c.p.c., quanto all’asserito mancato raggiungimento della prova della non paternità e al rifiuto di madre e figlio di sottoporsi agli esami ematologici.

Col secondo il ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 263 c.c., per avere la Corte territoriale subordinato l’accoglimento ovvero il rigetto della domanda al preminente interesse del figlio.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 4791 depositata in data 24.2.2020, ha respinto il ricorso, ritenendo le suddette censure infondate.

La Suprema Corte ha anzitutto premesso che l’impugnazione del riconoscimento ex art. 263 c.c. postula “la dimostrazione della assoluta impossibilità che il soggetto che abbia inizialmente compiuto il riconoscimento sia, in realtà, il padre biologico del soggetto riconosciuto come figlio”, tenuto però conto che in tutti i casi di riconoscimento o disconoscimento della filiazione qualsiasi valutazione deve essere orientata sulla base tanto del favor veritatis, quanto del favor minoris. 

L’interesse superiore del minore, tuttavia, deve essere accertato in concreto, valorizzando non solo la verità biologica, ma anche “l'interesse alla certezza degli "status" ed alla stabilità dei rapporti familiari, nell'ambito di una sempre maggiore considerazione del diritto all'identità personale, non necessariamente correlato alla verità biologica ma ai legami affettivi e personali sviluppatisi all'interno di una famiglia”.

Come già affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 272/2017, infatti,

“l'equazione ‘verità naturale: interesse del minore’ non è più predicabile in termini assoluti nell'attuale contesto giuridico, dovendosi bilanciare la verità della procreazione con l'interesse concreto del minore alla conservazione dello status di figlio”, dovendosi individuare “tra gli elementi di cui il giudice deve tener conto nel suddetto bilanciamento, la durata del rapporto instauratosi tra il minore e il genitore contestato, le modalità del concepimento e della gestazione, la presenza di strumenti legali che consentano la costituzione di un legame giuridico col genitore contestato che, pur diverso da quello derivante dal riconoscimento, quale è l'adozione in casi particolari, garantisca al minore una adeguata tutela".

Dal punto di vista istruttorio, inoltre, seppur vero che la consulenza tecnica immunoematologica costituisce lo strumento maggiormente idoneo ed atto ad accertare con elevata sicurezza il rapporto di filiazione, la Suprema Corte evidenzia che nel caso preso in esame risultava essere privo di significato probatorio il risultato degli esami emato-genetici fatti eseguire dal padre, stante l’incertezza circa la provenienza dei campioni biologici; ed, inoltre, non era ingiustificato il rifiuto di madre e figlio di sottoporsi ai prelievi, in particolare per la grande sofferenza ingenerata nel figlio dall’azione intrapresa dal padre.

La Suprema Corte ha pertanto ritenuto non meritevoli di accoglimento le censure sollevate dal ricorrente in quanto la ratio decidendi sottesa alla pronuncia della Corte d’appello è risultata essere improntata al detto bilanciamento (accertamento della realtà della procreazione ed interesse concreto del minore): a fronte della mancata prova in giudizio della verità biologica, è preminente l’interesse del minore.
 

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