L’azione di disconoscimento di paternità: operatività del termine di decadenza e nomina del curatore speciale del minore

IL CASO. La Corte d’Appello di Torino, con sentenza n. 2154/2016, ha confermato la pronuncia di inammissibilità del giudice di primo grado, per intervenuto decorso del termine di decadenza previsto dall’art. 244 c.c., come novellato dal D. Lgs. 154/2013, della domanda di disconoscimento della paternità avanzata dal padre a seguito di scoperta dell’adulterio della moglie all’epoca del concepimento.
Avverso tale decisione il padre ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Il primo riguardante sia la mancata nomina di un curatore speciale a tutela degli interessi della minore, sia l’applicazione della norma dell’art. 244, quarto comma, c.c. ad una fattispecie (la nascita della figlia di cui il padre aveva chiesto il disconoscimento) verificatasi anteriormente all’entrata in vigore della modifica introdotta dal d. lgs. n. 154/2013 (7 febbraio 2014).
Il secondo relativo all’omesso esame del superiore interesse della minore a conoscere il vero padre, costituente fatto decisivo ai fini del giudizio.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 28999/2018, ha accolto il primo motivo, ritenendo assorbito il secondo, tanto avuto riguardo all’operatività del termine di decadenza per la proposizione dell’azione di disconoscimento, quanto in merito alla necessità di nomina di un curatore speciale per la minore, e ha quindi cassato la sentenza impugnata, dichiarando la nullità dell’intero giudizio, con rimessione delle parti avanti al giudice di primo grado.
In merito all’applicazione del termine di decadenza quinquiennale previsto dal novellato art. 244 c.c., la Suprema Corte ha ribadito quanto già affermato con sentenza n. 14556/2014 ovvero che “in tema di azione di disconoscimento di paternità, ed alla stregua della disciplina transitoria della riforma della filiazione prevista dall’art. 104, commi 7 e 9, del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 54, mentre la normativa sostanziale di cui al novellato art. 244 cod. civ. si applica a tutte le azioni su cui la riforma è intervenuta, anche se relativa a figli nati prima della data di entrata in vigore (7 febbraio 2014) del citato decreto,

i nuovi termini di cui al quarto comma della medesima disposizione codicistica operano solo per i figli già nati alla predetta data per i quali non sia stata già proposta l’azione di disconoscimento (persistendo altrimenti l’utilizzabilità del regime decadenziale pregresso), fermi, in entrambe le ipotesi, gli effetti del giudicato formatosi prima della entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219”.

La soluzione quindi, come sottolinea la Corte, è da ricercare nella disciplina transitoria prevista dallo stesso legislatore della riforma sulla filiazione.
Per il figli già nati al momento dell’entrata in vigore della riforma, per i quali non sia già stata proposta azione di disconoscimento, il dies a quo del termine quinquiennale di decadenza decorre dal giorno dell’entrata in vigore della normativa sopravvenuta. Nel caso di specie, dunque,  la Corte ha annullato la pronuncia di inammissibilità del ricorso per intervenuta decadenza, in quanto la minore era nata nel 2008 e il ricorso era stato promosso il 7.8.2014.
Riguardo la nomina di un curatore speciale per la minore, legittimata passiva e litisconsorte necessaria nell’azione di disconoscimento della paternità, la Suprema Corte ne ha evidenziato la indefettibile necessarietà, stante il potenziale conflitto di interessi tra la posizione della minore stessa e quella dell’altro genitore legittimato passivo.
Il conflitto di interessi in questione è d’altra parte previsto “ex lege” dall’art. 247, comma 2, c.c.. Come già affermato dalla Corte anche con riguardo al procedimento di impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di paternità (Cass.1957/2016), “la posizione del minore è considerata dunque, in astratto, in potenziale conflitto d’interessi con quella dell’altro genitore legittimato passivo, non potendosi stabilire ex ante una coincidenza ed omogeneità d’interessi né in ordine alla conservazione dello status posto in discussione, che potrebbe non profilarsi come la scelta corrispondente all’interesse superiore e/o preminente del minore, né in ordine alla scelta contrapposta fondata sul favor veritatis e sulla conoscenza della propria identità e discendenza biologica”.

 

 

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