Obbligo di collazione, onere della prova e principio di non contestazione

06 FEBBRAIO 2018 | Successioni e donazioni

La sentenza non definitiva del Tribunale di Vicenza Sezione 13 marzo 2017 n. 813 è ricca di spunti processuali e riveste un particolare interesse, quanto meno per due aspetti. Il primo concerne l’operatività dell’obbligo della collazione in sede di domanda di divisione ereditaria proposta da alcuni degli eredi; il secondo riguarda il principio di non contestazione disciplinato dall’art. 115 c.p.c..

IL CASO. Tre figli del de cuius convenivano in giudizio un loro fratello e la madre, chiedendo lo scioglimento della comunione ereditaria. Il de cuius con testamento pubblico aveva lasciato la disponibile al figlio convenuto in giudizio, senza fare alcun riferimento alla donazione della nuda proprietà di alcuni immobili fatta in vita in favore dello stesso figlio, donazione di valore quasi pari alla quota assegnatagli per testamento. Gli attori chiedevano quindi lo scioglimento della comunione ereditaria, tenendo conto della pregressa donazione in favore di uno dei coeredi. Il fratello convenuto eccepiva la prescrizione della collazione e, negli scritti difensivi conclusivi, contestava altresì la mancanza di prova documentale della asserita donazione in suo favore, poiché gli attori l’avrebbero solamente provata con la produzione della dichiarazione di successione e non con l’atto di donazione notarile.

LA SENTENZA. Il Tribunale berico ha respinto l’eccezione di prescrizione della collazione, in ragione della imprescrittibilità prevista per l’azione di divisione tra i coeredi, ma - per quello che qui più interessa  - ha affermato che

l’obbligo della collazione sorge automaticamente a seguito dell’apertura della successione (salva espressa dispensa da parte del de cuius nei limiti in cui sia valida) e che i beni donati devono essere oggetto di collazione indipendentemente da un’espressa domanda dei condividenti.


A tal fine, infatti, il Tribunale ha ritenuto sufficiente la domanda di divisione proposta dai coeredi e la menzione dell’esistenza di determinati beni facenti parte dell’asse ereditario da ricostruire, oggetto di pregressa donazione, precisando essere invece onere della parte che eccepisca un fatto ostativo alla collazione provare detto fatto nei confronti di tutti gli altri condividenti.
Sulla base di detti principi, il Giudice ha quindi ritenuto provata la donazione menzionata dagli attori, in quanto non specificatamente contestata dal convenuto.


Quest’ultimo infatti non solo si era difeso sull’implicito presupposto di aver beneficiato della donazione medesima, ma risultava altresì aver sottoscritto la dichiarazione di successione prodotta dalla parte attorea, contenente la menzione della donazione contestata.
Quanto al principio di “non contestazione”, il Tribunale ha precisato che nelle cause relative a diritti disponibili, i fatti non specificamente contestati sono perciò spesso esclusi dal thema probandum, non essendovi necessità di offrirne la prova e dovendo essere considerati come esistenti dal Giudice.
Nel caso di specie è stato richiamato il disposto dell’art. 115, I° comma, c.p.c., nel testo modificato dalla legge n. 69/2009, applicabile nelle controversie instaurate successivamente al 4.7.2009. Il Tribunale ha però chiarito che, anche ai sensi del 167 c.p.c. e quindi anche anteriormente alla formale introduzione del principio di non contestazione a seguito della modifica dell’art. 115 c.p.c., il convenuto era tenuto a prendere posizione in modo chiaro e analitico sui fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda, non essendo sufficiente una negazione generica della sussistenza dei presupposti per l’accogliento della domanda attorea, dovendosi sollevare contestazioni chiare e specifiche.
Tale principio era, infatti, da tempo consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte (si vedano: Cass. Civ. nn. 10031/2004, 12636/2005, 5191/2008).

 

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