Il principio di bigenitorialità non si traduce automaticamente in tempi paritetici

È questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 31902/2018.

IL CASO.  La Corte d’Appello di Roma, in una controversia relativa all’esercizio della genitorialità ed al regime di frequentazione di una minore, accertava l’esistenza di una grave conflittualità e competitività fra i genitori tale da generare una paralisi decisionale anche su scelte importanti, quali quelle relative alla salute ed al percorso scolastico della minore.
In ragione di ciò, la Corte d’Appello di Roma disponeva l’affido della minore al Sevizio Sociale competente, fermo il collocamento prevalente presso la madre, riducendo, altresì, il pernottamento infrasettimanale presso il padre.  
Contro il predetto decreto il padre proponeva ricorso per cassazione, denunciando, col secondo motivo di ricorso, violazione del principio di parità tra i genitori.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 31902/2018, pur dichiarando il motivo inammissibile, in quanto presupponeva una rilettura del materiale probatorio non consentita in sede di legittimità, ha voluto ribadire che

il principio di bigenitorialità “si traduce nel diritto di ciascun genitore ad essere presente in maniera significativa nella vita del figlio nel reciproco interesse”, ma non comporta automaticamente la previsione di tempi di permanenza paritetici dei figli presso ciascun genitore, “in quanto l’esercizio del diritto deve essere armonizzato in concreto con le complessive esigenze di vita del figlio e dell’altro genitore”.

La Corte ha, quindi, richiamato il principio affermato in sentenza n. 18817 del 23.09.2015, confermato di recente dalla sentenza n. 3913 del 16.02.2018, in  base al quale il genitore collocatario deve essere individuato secondo un giudizio prognostico circa la capacità del genitore “di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione”, tenuto conto “del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, della rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore”.

 

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