E’ davvero necessaria la riforma dell’affido condiviso dei figli minori?

Con sentenza n. 2945 depositata il 2 novembre 2018, il Tribunale di Firenze, in sede di divorzio, ha disposto l’affidamento condiviso ai genitori del figlio quindicenne, con domiciliazione a settimane alterne presso ciascuno e con uguale ripartizione dei periodi di vacanza.
Ha altresì disposto, in applicazione del dettato dell’art. 337 ter c.c., il mantenimento diretto del ragazzo da parte dei genitori, con ripartizione tra gli stessi delle spese straordinarie nella misura del 50%, come da linee guida del CNF del 2017.
La decisione è stata frutto di una ponderata valutazione e riflessione circa le esigenze espresse dal ragazzino, sentito dal Tribunale su sua richiesta, il quale ha potuto spiegare quali fossero per lui le migliori condizioni di affidamento poi recepite, appunto, nella sentenza.
Il Tribunale, pertanto, facendo applicazione della normativa oggi in vigore in materia di affido condiviso e tenendo a mente il “superiore interesse del minore” del minore, ripetutamente richiamato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, è giunta ad un provvedimento che riproduce quello che, secondo il Ddl Pillon, dovrebbe costituire la regola in caso di separazione, divorzio o comunque fine della relazione dei genitori.
In altri casi, tuttavia, e più spesso, sempre ragionando in termini di best interest of the child, e facendo applicazione del medesimo art. 337 ter c.c., i giudici di merito sono giunti a decisioni diverse, in cui i tempi di permanenza del minore presso ciascun genitore stati diversificati e si è reso, oltretutto, necessario proporzionare il mantenimento mediante un assegno perequativo, in ragione anche dei redditi diversi dei genitori.
In questo senso vale la pena richiamare il decreto n. 9133 del 4.10.2014, con cui la Corte d’Appello di Venezia, decidendo in sede di reclamo avverso un provvedimento del Tribunale di Treviso, per quel che qui interessa, ha confermato la decisone di primo grado, recependo un programma di collocamento ed affido, suggerito dai Servizi, che tendeva ad una permanenza quasi paritaria dei due figli con i genitori.
Ciononostante, la Corte confermava l’obbligo, seppur assai modesto, di contributo al mantenimento a carico del padre, a causa della disparità di reddito e disponibilità economica dei genitori.
Anche in questo caso, dunque, l’attuale normativa si presenta idoneamente duttile per consentire al Giudice la migliore tutela dell’interesse del minore.

Questo per dire che, ragionando necessariamente nell’ottica dell’interesse del minore (l’unica ammissibile) e non in quella del “diritto individuale degli adulti alla genitorialità”, le decisioni dei Tribunali possono, e devono, essere le più diverse, devono adattarsi come un abito su misura per quel particolare minore. Non è possibile omologare tutti i casi, non si tratta, per puro esempio, di materia locatizia nella quale alla morosità del conduttore consegue per legge lo sfratto!

Facendo buona applicazione della disciplina in vigore, dunque, ove possibile e nell’interesse del minore e non di quello dei genitori, si possono già ottenere provvedimenti del tipo di quelli che il progetto di riforma intende imporre a tutti indiscriminatamente.
La sentenza del Tribunale di Firenze, dunque, non anticipa la riforma, come qualcuno potrebbe pensare, ma è frutto di semplice e ponderata applicazione della normativa in vigore, che già privilegia, ove possibile, il mantenimento diretto dei figli minori.
Peraltro, poiché la legge impone l’ascolto del minore infradodicenne (anche se, come sappiamo, spesso ciò non avviene, a meno che non vi sia espressa richiesta di parte), vi è da chiedersi a che servirebbe sentire il minore se le decisioni che lo riguardano fossero state già prese a priori dal legislatore, e quale utilizzo potrebbe mai fare il Tribunale dei desideri espressi dal minore?
E quale ruolo, poi, potrebbe avere il Pubblico Ministero qualora, per regola generale, vi fossero tempi di permanenza identici presso ciascun genitore, nonché mantenimento diretto? Un provvedimento con questo contenuto sarebbe per definizione omologabile o comunque non suscettibile di impugnazione?
Infine, piace sottolineare il richiamo, raro, operato dal Tribunale di Firenze alle Linee guida del CNF del 2017, in ordine alle spese straordinarie dei figli, che dunque sono valse a motivare il provvedimento per relationem, dimostrando come abbia condiviso la necessità e l’obiettivo di giungere ad una disciplina omogenea a livello nazionale di una questione così dibattuta.

 

 

 

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