Ancora sui presupposti dell'addebito della separazione e sull'onere della prova

IL CASO. IL Tribunale di Milano pronunciava la separazione personale dei coniugi con addebito alla moglie per violazione dell’obbligo di fedeltà, rigettando nel contempo la domanda di addebito che quest’ultima aveva proposto nei confronti del marito.

La signora, infatti, sosteneva, da un lato, la riconducibilità della crisi coniugale al comportamento opprimente, assente e moralmente discutibile del coniuge e, dall’altro, l’assenza di un nesso causale tra la sua relazione extraconiugale e la crisi con il marito e dunque la separazione.

La Corte d’Appello di Milano, avanti alla quale la moglie aveva proposto gravame, confermava decisione di primo grado.  

Avverso tale decisione, la signora proponeva ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi.

Con il primo, la ricorrente censurava la sentenza nella parte in cui, ai fini della pronuncia in ordine alle reciproche domande dei coniugi di addebito della separazione, la Corte d’Appello aveva rigettato l'istanza di ammissione delle prove testimoniali che aveva dedotto per dimostrare la riconducibilità della crisi coniugale al comportamento del marito ed il fatto che, invece, non fosse causalmente riconducibile alla sua relazione extraconiugale.

Con il secondo, la ricorrente denunciava l’omessa valutazione globale e comparativa delle condotte tenute dai coniugi e della situazione di crisi familiare, già irrimediabilmente in atto all'epoca in cui lei aveva intrapreso l’anzidetta relazione extraconiugale.

Con il terzo motivo, la moglie ha chiedeva, in caso di accoglimento delle censure riguardanti l'addebito della separazione, il riesame della domanda di riconoscimento dell'assegno di mantenimento a suo favore.

Con il quarto ed ultimo motivo, la ricorrente censurava invece la sentenza impugnata nella parte in cui, ai fini del rigetto della domanda di riconoscimento di assegno alimentare, aveva attribuito rilievo all'apporto economico fornitole dal suo attuale compagno, pur in assenza di un rapporto di convivenza.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 27777 del 24.09.2019, nel richiamarsi a giurisprudenza consolidata (Cass., Sez. II, 29/10/2018, n. 27415; Cass., Sez. III, 7/03/2017, n. 5654) ha ritenuto il primo motivo di impugnazione inammissibile in quanto il rigetto dell'istanza di ammissione delle prove testimoniali è censurabile in sede di legittimità esclusivamente quando “la prova non ammessa è idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie in base alle quali si è formato il convincimento del giudice di merito”.

Secondo la Suprema Corte, a tal fine la parte deve, a pena di inammissibilità, evidenziare nel ricorso “l'esistenza di un nesso eziologico tra l'omesso accoglimento dell'istanza e l'errore addebitato al giudice, dimostrando che la pronuncia, senza quell'errore, sarebbe stata diversa, in modo da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove”.  

La Corte di Cassazione ha, poi, ritenuto infondato il secondo motivo di impugnazione, in quanto la Corte d’Appello, nell’addebitare la separazione alla moglie, si era attenuta al principio più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., Sez. VI, 19/O2/2018, n. 3923; Cass., Sez. I, 14/02/2012, n. 2059) secondo cui

è onere della parte che intende far valere la violazione dell'obbligo di fedeltà da parte dell'altro coniuge provare la relativa condotta ed il nesso causale con l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Incombe, invece, sulla parte che eccepisce l'inidoneità dell'infedeltà a rendere intollerabile la convivenza l'onere di provare l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà.

Il rigetto dei primi due motivi di impugnazione ha comportato l’assorbimento del terzo.

L’ultimo motivo di impugnazione è stato, infine, dichiarato inammissibile.

La Corte territoriale aveva, infatti, negato il diritto agli alimenti a favore della moglie sia in ragione del contributo economico assicurabile dal nuovo compagno, sia in virtù della mancata prova, da parte sua, dell’impossibilità oggettiva di provvedere autonomamente al proprio sostentamento. Nell’impugnare detto capo della sentenza, la ricorrente si era limitata a negare la sussistenza di un apporto economico del compagno e a contestare la stabilità della relazione, senza nulla dire e censurare in ordine all’impossibilità di procurarsi da sola i mezzi economici necessari per il suo sostentamento.

Essendo la decisione della Corte territoriale fondata su più ragioni logicamente e giuridicamente distinte, la mancata impugnazione di una di esse rendeva inammissibile le censure relative alle altre.

Il ricorso è stato, pertanto, rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

 

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