Se il coniuge obbligato è inadempiente il Giudice può ordinare il pagamento dell’assegno di mantenimento al suo datore di lavoro, ma l’ordine non può estendersi agli arretrati

Il Tribunale di Roma, con ordinanza n. 21335 depositata il 22 agosto 2018, si è pronunciato in merito alla possibilità, sancita dall’art. 156, 6 comma c.c., di ordinare ai terzi “…tenuti a corrispondere anche periodicamente somma di denaro all’obbligato…” di versare direttamente al coniuge avente diritto, l’importo spettante a titolo di assegno di mantenimento.

La misura in questione che si applica anche alle separazioni consensuali (Corte Cost. 31.05.1983 n. 144), mira a garantire l’effettiva corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole e dei figli minori che con lui convivono (Cass. Civ. nn. 10813/96 e 6557/97), creando un obbligo di pagamento diretto tra il debitore del coniuge onerato dell’assegno ed il beneficiario. Tuttavia se il terzo, che non ha alcun vincolo contrattuale col titolare dell’assegno di mantenimento e non è parte del procedimento, si rifiuta di adempiere “…resta a carico del coniuge promuovere, nelle forme ordinarie, giudizio di accertamento del debito…” (Cass. Civ. n. 9671/2013).
La Cassazione ha precisato che, a prescindere dalla dizione letterale della norma, l’esecuzione può avere ad oggetto l’intero credito dell’obbligato nei confronti del terzo quando questo “…non ecceda, ma anzi realizzi pienamente, l’assetto economico determinato in sede di separazione…” (Cass. Civ. n. 12204/1998).
Pertanto l’ordine di distrazione delle somme di cui all’art. 156 6 comma c.c., non soggiace ai limiti di pignorabilità di cui all’art. 545, 5 comma, c.p.c..
I presupposti per la concessione di questa misura sono improntati a criteri di estrema severità nei confronti del coniuge obbligato.
Secondo l’orientamento consolidato della Cassazione non è, infatti, richiesto un inadempimento grave.
Anche un mero ritardo nell’adempimento, quando “…può creare dubbi circa la esattezza e regolarità del futuro adempimento…”, può legittimare tale ordine di pagamento (Cass. Civ. nn. 9671/2013 e 23668/2006, in Dottrina: Guido Corapi, in Trattato di Dritto di Famiglia diretto da Giovanni Bonilini, UTET, 2015, pag. 2249).
Ponendosi in contrasto con siffatto orientamento, il Tribunale di Milano con la sentenza in data 11.02.2014, ha precisato che “…in assenza di allegazioni circa il pregiudizio che minimi ritardi di pagamento dell’assegno di mantenimento per il coniuge ed i figli arrecherebbero loro, non puo ordinarsi al datore di lavoro dell’onerato di provvedere al pagamento diretto, ai sensi dell’art. 156, comma 6, c.c.; ciò in forza di un principio di reciproca tolleranza, comune alla materia delle obbligazioni alimentari…”.
La competenza a decidere sulla richiesta di cui all’art. 156, 6 comma, c.c., successivamente alla definizione del procedimento di separazione, spetta al Collegio, con rito camerale (Guido Corapi, ibidem, pag. 2248).

Nel caso di specie, il Tribunale di Roma, con l’ordinanza depositata il 22 agosto 2018,

preso atto che il marito “…nonostante la manifestazione di disponibilità verso la moglie di far fronte puntualmente all’obbligo di corrisponderle l’assegno di mantenimento per le figlie, fissato in sede di separazione, e di sanare il pregresso debito per l’identico titolo,… non vi aveva provveduto…”, ha ordinato al suo datore di lavoro di “…corrispondere dal mese successivo alla pubblicazione del presente provvedimento…la somma di € 700,00 mensili da trattenere sulla retribuzione del proprio dipendente…”.


I Giudici non hanno invece accolto la domanda relativa al pagamento delle mensilità pregresse rilevando che “…la richiesta di ottenere il pagamento di somme arretrate non può essere affrontata in un procedimento di volontaria giurisdizione…”.

 

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