Sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato: illegittima la modifica del programma di trattamento senza il consenso dell’imputato

In data 19/12/2018 il Tribunale di L’Aquila ha emesso un’ordinanza con la quale, pur ammettendo il richiedente al rito alternativo della sospensione del procedimento con messa alla prova, ha modificato il programma di trattamento elaborato dall’UEPE senza ottenere il consenso dell’imputato.

Il difensore ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 464 quater, comma 7, c.p.p., censurando la violazione dell’art. 464 quater, comma 4, c.p.p., che espressamente prevede che il giudice possa integrare o modificare il programma di trattamento a condizione che acquisisca il consenso dell’imputato.

La tesi sostenuta dal ricorrente consisteva nell’affermare che il programma di trattamento ha base consensuale e, pertanto, ogni integrazione o modifica dello stesso necessita del consenso dell’imputato.

La Suprema Corte, con l’ordinanza in commento (Cass. pen. n. 17869/2019), confermando il proprio orientamento, ha affermato il principio secondo cui

“in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, è illegittimo il provvedimento con cui il giudice modifichi il programma di trattamento elaborato ai sensi dell’art. 464 bis, comma 2, cod. proc. pen. in difetto della previa consultazione delle parti e del consenso dell’imputato” (in senso conforme, Cass. Pen. n. 5784/2017).

Recentemente, in relazione all’art. 464 quater, comma 4, cod. proc. pen., il Tribunale di Grosseto aveva sollevato questione di legittimità costituzionale, ritenendo che la previsione del consenso dell’imputato quale condizione potestativa di efficacia del provvedimento del giudice violasse il principio di soggezione del giudice alla legge (art. 101 Cost.) e le direttive del giusto processo (art. 111, comma 2, Cost.).

La Corte Costituzionale, con la sentenza 91/2018, ha dichiarato non fondata la sollevata questione di legittimità costituzionale, affermando, in particolare, che “basandosi l’istituto della messa alla prova sulla richiesta dell’imputato, è evidente che ogni integrazione del programma di trattamento fatto elaborare dall’ufficio di esecuzione penale esterna richieda il consenso dell’imputato”.

Tale previsione normativa non viola le prerogative dell’autorità giudiziaria e non integra quindi la violazione dell’art. 101 Cost., dato che la facoltà è conforme al modello legale del procedimento.

Inoltre, il giudice delle leggi ha ritenuto infondata la censura di violazione dell’art. 111, secondo comma, Cost., in quanto “la previsione del consenso dell’imputato non comporta alcun dispendio di tempi e risorse processuali. Il consenso, infatti, è richiesto per le integrazioni e le modifiche che il giudice ritenga di apportare al programma prima della sospensione del procedimento e dell’ammissione dell’imputato alla messa alla prova e quindi prima che si svolga qualsiasi attività processuale”.

 

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