Per i procedimenti ex art 337 bis e segg. cc è competente il giudice del luogo di residenza abituale del figlio minore

Due ordinanze del Tribunale di Mantova, in data 10.5.2018, e del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 27.9.2018, chiariscono che nei procedimenti di affidamento e mantenimento di un figlio minore nato da genitori non coniugati la competenza per territorio spetta al giudice del luogo di abituale residenza del minore.

Nella prima il Tribunale di Mantova, nel dichiarare la propria incompetenza a favore del Tribunale di Rovigo, si concentra sul tema dell’individuazione del giudice competente nei procedimenti ex art 337 bis e segg. cc, non essendovi una specifica norma di riferimento.

E’ interessante notare come il giudice lombardo, previo riferimento al criterio giurisprudenziale che individua come giudice competente quello del luogo in cui ha il domicilio il soggetto della cui situazione giuridica si tratta e agli art 709 ter e 710 cpc, che indicano, per le cause di modifica delle condizioni della separazione inerenti la prole, la competenza del giudice del luogo di residenza del minore, si soffermi sulla conformità di questi riferimenti alla normativa comunitaria, in particolare al Regolamento Europeo 2201/2003 “relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale”, che si applica anche ai figli nati al di fuori del matrimonio.

Il Regolamento UE, infatti, nel determinare la giurisdizione in materia di responsabilità genitoriale, si ispira al principio di prossimità ed individua il criterio generale del giudice della residenza abituale del minore, ossia dell’autorità giudiziaria dello Stato con cui il minore ha un “legame particolare”, quindi più adatta a trattare il caso (si vedano in particolare l’art. 8 sulla “competenza generale” in materia di responsabilità genitoriale e l’art. 15 sul “trasferimento delle competenze a una autorità giurisdizionale più adatta a trattare il caso”).
 
Per l’individuazione della “residenza abituale del minore”, che è una nozione fattuale, priva cioè di riferimenti normativi, il giudice dovrà tenere in considerazione una serie di circostanze specifiche della singola fattispecie come la durata della permanenza del minore in un determinato luogo, le condizioni e le ragioni del soggiorno e ancora la cittadinanza del minore, il luogo e le condizioni della frequenza scolastica, le sue conoscenze linguistiche, le relazioni familiari e sociali che ivi intrattiene e, in caso di recenti trasferimenti, anche le motivazioni del trasferimento.

Quanto all’individuazione della residenza abituale del minore, è significativa l’ordinanza del Tribunale Santa Maria Capua Vetere, relativa al caso di una madre che, trasferitasi con il figlio di appena tre mesi da Treviso alla provincia di Caserta, circa un mese dopo il trasferimento ha depositato presso il Tribunale campano un ricorso ex art 337 ter cc.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, previo richiamo dei principi fondamentali enunciati sul punto dalla Suprema Corte (sez. 6, n. 21285 del 20.10.2015 e sez. 6 n. 27358 del 17.1.2017), ha evidenziato che la “residenza abituale del minore”  va individuata nel luogo in cui il minore ha “consolidato o potrà consolidare una rete di affetti e relazioni, tali da assicurare un armonico sviluppo psicofisico, sicché, nei casi di recente trasferimento, occorre una prognosi sulla probabilità che la nuova dimora diventi l’effettivo, stabile e duraturo centro di affetti e di interessi del minore, nonché che il cambiamento della sede non rappresenti un mero espediente per sottrarlo alla vicinanza dell’altro genitore o alla disciplina generale sulla competenza territoriale”.

Sulla base di questi principi, il Tribunale campano ha dichiarato la propria incompetenza ritenendo, da un lato, che il trasferimento della residenza del figlio fosse stato un “mero espediente per sottrarlo alla vicinanza dell’altro genitore e per aggirare i criteri che presidiano la competenza per territorio inderogabile” e, dall’altro, che non fossero emersi in giudizio elementi utili ad effettuare una “prognosi sulla probabilità che la nuova dimora diventi l’effettivo, stabile e duraturo centro di affetti e di interessi del minore”.

Infine, si ritiene opportuno evidenziare che i concetti sopra esposti, inerenti alla nozione di residenza abituale del minore e sui criteri per individuarla, valgono esclusivamente per determinare il giudice competente per territorio a decidere sui procedimenti di affidamento e mantenimento del figlio nato da genitori non coniugati.

Per i figli nati dal matrimonio, invece, la competenza spetta al giudice della separazione e del divorzio (luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi o, in mancanza, luogo in cui il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio ex art 706 cpc e 4 l. div.).

 

 

 

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