Il beneficiario dell’ADS è dotato di autonoma legittimazione processuale anche per impugnare i provvedimenti del Giudice Tutelare

IL CASO. Due beneficiari di amministrazione di sostegno proponevano reclamo avanti il Tribunale di Civitavecchia avverso il decreto con il quale il Giudice Tutelare aveva esteso, anche per gli atti di ordinaria amministrazione, la necessità dell’assistenza e rappresentanza dell’ADS.

Avverso il provvedimento che dichiarava inammissibile il detto reclamo per difetto di legittimità, in quanto proposto dai beneficiari senza la rappresentanza del proprio amministratore di sostegno e l’autorizzazione del G.T., i reclamanti proponevano ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Col primo veniva denunciata la violazione e la falsa applicazione degli artt.  374, 406 e 407, in quanto i beneficiari di amministrazione di sostegno conserverebbero la propria capacità di agire per l’impugnazione dei provvedimenti emessi dal G.T. e senza necessità di un’apposita autorizzazione di quest’ultimo.

Col secondo i ricorrenti denunciavano l’inesistenza e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia, in quanto, nonostante il Tribunale avesse ritenuto legittimati ad impugnare i provvedimenti tutti i soggetti previsti dall’art. 406 c.c., aveva escluso – senza motivare sul punto – proprio i beneficiari di ADS.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 5380 depositata in data 27.2.2020, ha cassato il decreto impugnato con rinvio al Tribunale di Civitavecchia in diversa composizione per nuovo esame della controversia.

La Suprema Corte ha anzitutto precisato che il decreto con il quale era stata disposta l’amministrazione di sostegno per i due ricorrenti aveva natura decisoria, in quanto incideva sul loro status e capacità d’agire. Da un lato, quindi, si trattava di un provvedimento ricorribile in Cassazione ex art. 111 Cost., dall’altro di un provvedimento reclamabile avanti la Corte d’appello (ma nel caso specifico, non avendo il Tribunale rilevato il difetto di competenza, la relativa competenza si era consolidata in capo ad esso). 

Quanto al primo motivo di censura, nel quale ha ritenuto assorbito il secondo, la Cassazione ha rilevato che, seppur vero che le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono stare in giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme dettate in materia (artt. 75 c.p.c., 411 e 375 c.c.), i beneficiari di amministrazione di sostegno “sono dotati di una autonoma legittimazione processuale ai diversi fini dell’apertura di un’amministrazione di sostegno e per impugnare i provvedimenti adottati dal Giudice Tutelare nel corso di tale procedura”.

Il principio che deve infatti trovare applicazione e che trova il suo fondamento negli artt. 406 e 411 c.c. è il seguente:

“I beneficiari di una Amministrazione di Sostegno sono dotati di una autonoma legittimazione processuale non solo ai fini dell’apertura, ma anche per impugnare i provvedimenti adottati dal Giudice Tutelare nel corso di tale procedura, essendo, invece necessaria l’assistenza dell’Amministratore di Sostegno e la previa autorizzazione del Giudice Tutelare, a norma del combinato disposto dell’art. 374 c.c., n.5 e art. 411 c.c., per l’instaurazione di giudizi nei confronti di soggetti terzi estranei a tale procedura”.

Se così non fosse, peraltro, il Giudice Tutelare chiamato a pronunciarsi circa l’impugnabilità di un provvedimento dallo stesso emesso, si troverebbe in una situazione di evidente conflitto di interessi.
 

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