Solo la prova della pregressa coesione familiare può impedire lo stato di adottabilità

15 GENNAIO 2020 | Adozione | Filiazione e adozione

IL CASO. Il Tribunale dei minorenni di Brescia, con sentenza n.103 del 2016, dichiarava lo stato di adottabilità della minore Ja.Sa.

La Corte d’Appello di Brescia, nel 2017, rigettava gli appelli proposti dai genitori della minore, confermando la sentenza impugnata e rilevando che, in base agli elementi acquisiti, non vi era coesione familiare e solidità di rapporti tra la minore e i suoi genitori, da un lato, e tra la zia paterna e suo marito, dall’altro, pure essendosi dichiarati disponibili questi ultimi a richiedere in adozione o in affidamento la minore stessa.

Ricorreva in Cassazione solo il padre della minore, con un unico articolato motivo, lamentando “la nullità ex art.360 n.3 cpc per violazione e falsa applicazione degli artt. 1,4,8,12 e 15 della legge 184/83, dell’art.3 della Convenzione di New York sui Diritti del fanciullo, della Convenzione di Strasburgo del 25.1.96, della Carta dei diritti fondamentali della UE del 7.12.2000, in relazione all’insussistenza delle condizioni di abbandono morale e materiale della minore e per aver omesso di valutare l’interesse superiore della minore a vivere nella famiglia di origine della zia paterna, della quale condivide il legame parentale, la nazionalità e la cultura”.

Il ricorrente rilevava che per il breve tempo della vita della bambina, fintantochè i genitori hanno avuto libertà di movimento, costoro avevano mantenuto contatti con la famiglia paterna di origine, recandosi sia In Tunisia che in Francia, e che la zia paterna e il marito avevano visto la bambina in altre occasioni. Rilevava altresì il ricorrente che l’interessamento degli zii non poteva ritenersi tardivo, tenuto conto della difficoltà per il padre, che si trovava in stato di detenzione carceraria, di comunicare con i parenti e che lo stato di abbandono di Ja.Sa si era conclamato solo nell’agosto del 2016, allorché la madre aveva abbandonato la Comunità. E ancora che gli zii paterni si erano recato in Italia e avevano partecipato a due udienze, dimostrando così il loro interesse e la loro disponibilità all’adozione.

LA DECISIONE La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato e, richiamando a tal fine il proprio consolidato orientamento, secondo il quale

lo stato di abbandono non può essere escluso in conseguenza della disponibilità a prendersi cura del minore manifestata da parenti entro il quarto grado, quando non sussistano rapporti significativi pregressi tra loro e i bambini e neppure possano individuarsi potenzialità di recupero dei rapporti, non traumatiche per i minori in tempi compatibili con lo sviluppo equilibrato della loro personalità (cfr. Cass.n.9021/2018 e n.2102/2011).

Nella fattispecie, essendo stato accertato l’insussistenza di rapporti significativi pregressi tra la minore, la zia paterna e suo marito, nonchè la tardività della richiesta di costoro, lo stato di adottabilità era stato legittimamente dichiarato.

Secondo il Supremo collegio, la Corte territoriale aveva dato in dettaglio prova delle risultanze istruttorie dalle quali si evinceva che non vi fosse stato alcun rapporto pregresso valorizzabile tra la minore e la zia paterna e il di lei marito, tanto che la disponibilità di costoro è databile solo all’ottobre del 2016, nonostante fin dal 2014 la minore e la madre fossero state prese in carico dai servizi sociali; né vi era prova di alcun tentativo, durante tale biennio, da parte della zia di mettersi in contatto con i servizi incaricati.

Da ultimo, la Corte ha anche valutato che l’eventuale trasferimento in Francia della bambina avrebbe provocato un radicale cambiamento contestuale e linguistico non affrontabile, alla luce dell’indagine di fatto insindacabile svolta dalla Corte d’appello, senza il riferimento affettivo preesistente e significativo richiesto dalla legge.

La Corte ha quindi rigettato il ricorso, compensando le spese di giudizio.

 

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