Responsabilità civile genitoriale: il genitore “assente” dalla vita del figlio non può invocare a sua discolpa il fatto che (anche) l’altro genitore non abbia adempiuto ai propri doveri

La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 14382/2019, pubblicata il 27.5.2019, ha rigettato il ricorso di un genitore che era stato condannato dal Tribunale di Messina, con sentenza confermata della Corte d’appello messinese, a risarcire la figlia per i danni patrimoniali e non patrimoniali “derivanti dalla assunta violazione… dei suoi obblighi” genitoriali e, in particolare, di quello “di mantenere, istruire ed educare la prole”.

Tale violazione aveva dato luogo ad “un complessivo disagio materiale e morale” per la figlia, cui era seguita “una serie di ulteriori conseguenze pregiudizievoli, di carattere patrimoniale oltre che non patrimoniale, tra cui la scelta dell'attrice di interrompere anzitempo gli studi, che le ha certamente precluso delle possibilità di realizzazione professionale, con rilievo anche economico”.

Il ricorrente aveva censurato la sentenza d’appello per non aver considerato l’efficienza causale, ai fini del danno in questione, della “condotta della madre dell'attrice, che avrebbe omesso di prendere atto delle problematiche comportamentali della figlia e porvi rimedio (quanto meno sollecitando l'intervento di esso ricorrente, che si definisce genitore "assente")”.

La Suprema Corte ha respinto questo singolare argomento difensivo, osservando che “la responsabilità e gli obblighi derivanti dal rapporto di filiazione (tra cui quello di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli) gravano su entrambi i genitori, non certo solo su quello convivente e, tanto meno, addirittura, solo su quello più attivamente "presente", come sembrerebbe ritenere il ricorrente”.

Con la conseguenza che del loro adempimento “ciascun genitore risponde quindi integralmente”, per quel che lo riguarda.

In altre parole, quel genitore che non abbia adempiuto ai suoi doveri non può invocare a propria discolpa che neppure l’altro lo abbia fatto o, addirittura, che questi non lo abbia compulsato per indurlo ad adempiervi.

A questo riguardo la Corte ricorda la propria giurisprudenza, secondo la quale “... nell'ipotesi in cui al momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l'obbligo dell'altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia della dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori (Cass. 22.11.2013 n. 26205; Cass. 10.4.2012 n. 5652; Cass., 2.2.2006, n. 2328; Cass. 14.5.2003 n. 7386) (Cass., Sez. 6 - 3, Sentenza n. 3079 del 16/02/2015, Rv. 634387 - 01; Sez. 1, Sentenza n. 5652 del 10/04/2012, Rv. 622138 - 01)”.

E ne trae la conseguenza che “se gli obblighi di mantenimento, istruzione, educazione ed assistenza gravano addirittura sul genitore naturale che non abbia riconosciuto il figlio, a maggior ragione essi graveranno su quello che sia rimasto semplicemente "assente", cioè di fatto si sia sottratto all'adempimento dei suddetti obblighi senza alcuna ragione; quest'ultimo risponderà quindi integralmente delle conseguenze del suo inadempimento”.

In sostanza, il genitore che non adempia ai propri obblighi nei confronti del figlio non può invocare quale scusante l’inadempimento o l’inerzia dell’altro, ma deve rispondere per intero dei danni causati al figlio.

Questa conclusione, peraltro, è pienamente conforme al consolidato insegnamento giurisprudenziale per cui quando più soggetti concorrano, con condotte differenti ed anche per diversi titoli, a cagionare un medesimo evento dannoso, ciascuno di essi è obbligato solidalmente, e non parziariamente, nei confronti del danneggiato e deve, quindi, risarcire per intero il danno da questi patito, salva l’azione di regresso fra condebitori.

Ragion per cui i genitori che avessero concorso, anche con condotte e modalità diverse, a danneggiare il figlio, per non aver adempiuto ai rispettivi obblighi, sarebbero condebitori solidali del risarcimento del danno da questi sofferto e dovrebbero quindi risponderne per il suo intero ammontare (salva, come si ripete, l’azione di regresso, di cui al secondo comma dell’art. 2055 c.c.).

 

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