La disciplina delle DAT

L’art. 4 della l. n. 219/2017 prevede che “Ogni persona maggiorenne capace di intendere e volere” può esprimere attraverso le DAT (disposizioni anticipate di trattamento) “le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari”.
Per la validità delle DAT e, di conseguenza per la loro vincolatività, è richiesta non solo la maggiore età del disponente, ma anche la capacità di comprendere il significato delle proprie scelte di cura, e di valutarne i possibili effetti e rischi connessi.
La disposizione richiama il tenore dell’art. 591 c.c., per il quale può disporre per testamento solo chi è capace di agire (esclusi l’interdetto per infermità di mente e chi al momento della redazione della scheda testamentaria è incapace di intendere e volere per qualsiasi causa, anche transitoria).
Le DAT, a differenza del testamento, non sono ovviamente un atto mortis causa: il disponente effettua delle scelte destinate ad operare quando non sarà più consapevole, ma ancora in vita.
A ciò consegue, in applicazione dei principi generali del nostro ordinamento per l’invalidità del testamento o dei contratti, che le DAT poste in essere da un soggetto legalmente incapace di agire o affetto da incapacità naturale saranno annullabili.
La formulazione dell’art. 4 aiuta a comprendere anche la ratio dell’ultimo comma del precedente art. 3 per il quale “nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata oppure l'amministratore di sostegno, in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) di cui all'articolo 4, o il rappresentante legale della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare …”.
Infatti, in caso di incapacità sopravvenuta di una persona maggiorenne, sarà possibile riferirsi a DAT precedentemente redatte nel rispetto dei presupposti di legge di cui all’art.4.
Le disposizioni anticipate possono essere formate “in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo aver acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle scelte”: non è, quindi, necessaria la sussistenza di una patologia in atto.
Ciò distingue nettamente le DAT dalla “pianificazione condivisa delle cure” prevista nel successivo art. 5, cui può invece ricorrere il paziente affetto da una patologia cronica, progressivamente invalidante o a prognosi infausta.
Ulteriore requisito per la validità delle disposizioni anticipate (oltre la maggiore età e la capacità di intendere e volere del disponente) è la previa acquisizione di adeguate informazioni mediche sulle tipologie dei trattamenti e sulle conseguenze/rischi delle scelte operate.
Pur non essendo prevista per la loro redazione alcuna forma di assistenza, il legislatore ha ritenuto indispensabile che il disponente acquisisca una conoscenza adeguata per determinarsi in modo consapevole, soprattutto perché le scelte effettuate potranno diventare concretamente operative in un momento anche lontano rispetto alla sua manifestazione di volontà di cui le DAT sono espressione.
La norma tuttavia non specifica né come possa essere provata l’acquisizione delle informazioni richieste (non prevede alcuna allegazione documentale: ci si chiede quindi se sia sufficiente una semplice autodichiarazione del disponente), né quando le informazioni mediche possano ritenersi “adeguate”: l’adeguatezza è, infatti, un concetto passibile di diverse interpretazioni.
Più puntuale è l’indicazione normativa del contenuto tipico delle DAT.
Il disponente può decidere se sottoporsi o meno a trattamenti sanitari (tra i quali oggi per espressa previsione dell’art. 1, quinto comma rientrano anche l’idratazione e l’alimentazione artificiale), se rifiutare o meno accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche e singoli trattamenti sanitari.
A titolo esemplificativo può, quindi, scegliere se vorrà o meno essere  sottoposto a rianimazione cardio – polmonare, alla respirazione assistita, se vorrà o meno subire interventi chirurgici di urgenza, essere idratato o nutrito artificialmente, essere sottoposto a dialisi, subire trasfusioni di sangue, se essere sottoposto a terapie antibiotiche e molto altro.
La l. n. 219/2017 prevede anche la possibilità di indicare un fiduciario ossia “una persona di fiducia … che ne faccia le veci” e lo “rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie”.
Anche il fiduciario deve essere maggiorenne e capace di intendere e volere; deve accettare espressamente la nomina, mediante la sottoscrizione delle DAT o con atto successivo da unire alle stesse.
Per l’accettazione non è previsto alcun termine: il fiduciario potrà quindi accettare la nomina anche dopo la sopravvenuta incapacità del disponente.
E potrà rinunciare alla nomina, anche se precedentemente accettata, purché con atto scritto (non necessariamente motivato, trattandosi di rapporto intuitu personae), da comunicare al disponente. Analogamente il disponente potrà revocare l’incarico al fiduciario in qualsiasi momento “con le stesse modalità previste per la nomina” e, per quanto già detto, “senza obbligo di motivazione”.Il fiduciario non deve essere necessariamente un familiare o, più in generale, una persona legata al disponente da un vincolo giuridico.
Ciò che conta è il rapporto di fiducia che lo lega al disponente, dovendo operare quando quest’ultimo non sarà più consapevole, affinché egli possa collaborare con il medico per assicurare la corretta interpretazione di quanto contenuto nelle DAT, che devono quindi essergli consegnate in copia.
L’indicazione del fiduciario non è elemento richiesto ai fini della validità delle DAT che “mantengono efficacia in merito alle volontà del disponente” anche se un fiduciario non viene nominato o se questi abbia rinunciato o sia deceduto o sia divenuto incapace.
Quanto alla forma, le disposizioni “devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente medesimo …. oppure presso le strutture sanitarie …” e sono esenti dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa.
Qualora le condizioni fisiche del disponente non consentano di utilizzare la forma scritta, le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che permettano di comunicare alla persona con disabilità permanente o temporanea o altrimenti impossibilitata.
Con le stesse forme ed in qualunque momento le DAT possono essere rinnovate, modificate, o revocate.
In situazioni di emergenza ed urgenza, se non risulti possibile procedere alla revoca delle DAT con le forme anzidette, la dichiarazione di revoca potrà essere raccolta o videoregistrata da un medico, con l’assistenza di due testimoni.
Quanto alle modalità di conservazione delle DAT, “le regioni che adottano modalità telematiche di gestione della cartella  clinica o il fascicolo  sanitario elettronico o altre modalità informatiche di gestione dei dati del singolo iscritto al Servizio sanitario nazionale possono, con proprio atto, regolamentare la raccolta di copia delle DAT, compresa l'indicazione del fiduciario, e il loro inserimento nella banca dati”.
Viene in ogni caso lasciata al disponente “la libertà di scegliere se darne copia o indicare dove esse siano reperibili”.
Con circolare 8 febbraio 2018, il Ministero dell’Interno ha già fornito alcune prime indicazioni sulle modalità di raccolta e registrazione delle DAT da parte dei Comuni.
L’Ufficio dello stato civile può ricevere esclusivamente le DAT consegnate personalmente dal disponente residente nel Comune.
Gli Ufficiali dello stato civile non partecipano alla redazione delle DAT e non forniscono informazioni sul loro contenuto.
La circolare, inoltre, precisa che la Legge non prevede l’istituzione di un nuovo registro dello stato civile, con la conseguenza che l’ufficio, ricevuto il documento, si limiterà a registrare la ricezione delle disposizioni presentate in un elenco cronologico, e ad assicurare la loro adeguata conservazione.
In ogni caso, anche precedentemente all’entrata in vigore delle disposizioni in commento, era pacifico che le DAT dovessero essere redatte per iscritto.
Esistono e sono facilmente reperibili on line diversi modelli prestampati di DAT, tracce utili per ragionare sul loro possibile contenuto.
Molti fac simili sono tuttavia antecedenti la Legge 219/2017 e dovranno essere attualizzati, in particolare con riferimento all’obbligo di preventiva informazione “medica” ed alla possibilità di rinunciare o rifiutare i trattamenti di nutrizione e idratazione artificiale.
Ovviamente la ratio della legge richiederebbe di non utilizzare moduli prestampati, ma di redigere le proprie DAT in modo personale, previa adeguata informazione del medico curante, partendo dalla propria condizione personale, interrogandosi su ciò che realmente si desidera per sé per evitare che siano troppo astratte, generiche e/o ambigue.
Né dovrebbe essere trascurato il fatto che i continui progressi della scienza medica imporrebbero di riconsiderarne periodicamente il contenuto, per decidere se mantenere o modificare la volontà in esse manifestata con riguardo a specifiche situazioni cliniche o patologie interessate da scoperte sopravvenute o nuove cure.
Ciò per prevenire incertezze con riguardo ad una situazione che peraltro il legislatore ha disciplinato, attribuendo al medico “in accordo col fiduciario” la facoltà di “disattendere” le DAT “qualora esse appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all'atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita” (art. 4, comma 5).
Va da ultimo evidenziato che le DAT sono un documento contenente dati sensibili (ad es. indicazioni sulle condizioni attuali di salute della persona, convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere) di cui all’art. 4 del Codice della privacy. Dati che quindi per disciplina generale sono soggetti ad una tutela rafforzata, che impone l’obbligo di una loro conservazione comunque separata, il divieto di divulgazione e pubblicazione ecc.
La legge non disciplina espressamente le modalità di tenuta, conservazione e accesso alle DAT, rinviando a fonti regionali di rango inferiore l’eventuale normazione di dettaglio, con possibile quindi disparità di soluzioni nell’ambito del territorio nazionale. E l’aspetto non è di poco conto se si pensa ad es. che in presenza di revoca di precedenti disposizioni da parte del disponente, la tempestività della loro registrazione può incidere sul rispetto della sua effettiva volontà.
Resta quindi da verificare quali prescrizioni saranno adottate per la protezione delle DAT, per il loro aggiornamento e a la garanzia della loro integrità.

 

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